di tutte le chiese fanesi la cattedrale è il monumento religioso più ricco di storia e di opere d'arte. Soffocato da costruzioni risalenti ad epoche diverse, attualmente l'edificio è godibile più che altro dalla via su cui si affaccia il prospetto principale, via corrispondente al decumano massimo dell'antico tracciato romano. Benchè la chiesa abbia subito nei secoli molteplici rifacimenti e manomissioni, diversi elementi strutturali e decorativi ne tradiscono l'origine romanico-lombarda. È soprattutto nella facciata che possiamo ritrovare questa origine se guardiamo al portale e agli archetti pensili al centro e che vi possiamo leggere anche l'organizzazione spaziale interna a tre navate di diversa altezza e larghezza che si aprono su cappelle di origine trecentesca. Altre tre cappelle concludono sul fondo l'area presbiteriale. Il campanile moderno, con struttura in cemento armato e paramento in laterizi, si innesta lateralmente alla chiesa, in posizione arretrata, su un'antica struttura circolare in mattoni. Portale arcuato a tutto sesto, strombato, ornato di motivi cosmateschi, con capitelli d'imposta scolpiti con esseri fantastici sulla sinistra, con fogliami sulla destra e con la raffigurazione dell'Agnello mistico al centro del liscio architrave, il portale è con ogni probabilità il risultato di interventi diversi eseguiti nel corso dei secoli XII-XIV. E' opera eclettica che presenta aspetti di derivazione lombarda insieme ad altri di ascendenza umbro-laziale, ascrivibile al periodo romanico. L'innesto di episodi scultorei ormai gotici, quali l'Agnello mistico, può ipotizzarsi come sostituzione di analoga figurazione preesistente, di certo ricca di decorazioni e in sintonia con quella dei capitelli laterali. Epigrafe importantissima epigrafe incisa su lastra calcarea, oggi murata nella parete presbiterale destra, sotto l'organo, dalla quale si ricavano l'anno di ricostruzione della chiesa e l'autore delle sculture, Maestro Rainerio, che ornavano e in parte ancora ornano la chiesa medesima. Pianta la pianta è di tipo basilicale con tre navate suddivise in cinque campate ciascuna, di cui quelle orientali sono più lunghe e rialzate delle altre. La navata centrale è larga il doppio delle altre, è più alta di 4 metri e riceve luce dalla grande ruota della facciata e dalle finestre del coro. Massicci pilastri polistili suddividono lo spazio interno e sorreggono volte a crocera cupoliformi, di cui quelle della navata centrale sono costolonate. Sulle navate laterali si affacciano tre cappelle per lato. Il presbiterio si innalza di quattro gradini sopra il livello delle navate e si estende per tutta la larghezza delle tre navate. Sulla parete di fondo si aprono tre cappelle quadrangolari: del Ss. Sacramento, del Coro e dei Santi Patroni Orso e Eusebio. Facciata la facciata ha struttura mista in arenaria e cotto. Tripartita da due contrafforti laterali e da due lesene centrali, ha profilo a capanna articolato su due altezze, quella del corpo centrale e quella delle ali laterali. Un ampio sagrato di quattro gradini conduce al portale romanico sormontato da un grande occhio centrale con vetro istoriato dal maestro vetraio Guido Polloni di Firenze con la figura dell'Assunta. L'occhio, privo dal 1591 se non da prima della raggiera, conserva gran parte della decorazione a bassorilievo con tralcio continuo di vite e grappoli d'uva del XII-XIII secolo. Privo ormai dei simboli degli evangelisti, al loro posto stanno quattro pietre in bella evidenza. Filologicamente corrette, per la presenza di significative tracce riemerse da sotto l'intonacatura cinquecentesca, sono le due bande in cotto sopra il rosone ricostruite negli anni '20 del secolo scorso. I settori laterali della facciata sono caratterizzati ciascuno da una fila di finte loggette che sfondano il paramento murario a oltre metà altezza; anche in questo caso la decorazione a baci, con ciotole in ceramica colorata, inserita soltanto sopra le loggette di sinistra, non sembra arbitraria, data la presenza degli appositi alveoli riapparsi nel 1925 sotto la scrostatura del vecchio intonaco. Moderna è invece la tamponatura con lastre di vetro istoriate di alcune delle loggette. Delle file di archetti pensili intrecciati che incorniciano in più punti la facciata, risulta di origine medievale parte di quelli collocati sopra il grande occhio; gli altri furono ricostruiti durante il rifacimento novecentesco della facciata. Struttura malgrado le evidenti manomissioni lo scheletro dell'edificio è ancora quello originario. Lo si deduce dal rinvenimento nei muri laterali delle cappelle a sud, innalzate nel XIV secolo, di massicci contrafforti e archi rampanti ribassati esattamente in corrispondenza degli attuali pilastri. Anche la struttura delle volte è da ritenersi originaria. Cappella la disposizione attuale delle cappelle è la seguente: a sinistra di chi entra si trova la prima cappella dedicata al Crocifisso, tutta rivestita di marmi, con due lapidi nelle pareti laterali in memoria dei personaggi di casa Rinalducci; la seconda cappella, eretta nel 1379, è dedicata alla Madonna Pellegrina; la terza cappella è quella del Battistero dove nel 1536 fu battezzato Ippolito Aldobrandini, poi papa Clemente VIII, e dove recentemente è stato ricomposto il monumento funebre del vescovo Alessandro Castracane (morto nel 1662). La prima cappella della navata destra è dedicata a San Paolo ed è ornata dalla pala d'altare raffigurante la Conversione di San Paolo; la seconda è la cappella sepolcrale dei vescovi, di recente istituzione, con al centro il sarcofago cementizio del vescovo Del Signore, mentre sotto l'arcata del contrafforte, su cui è affrescato un angelo del XV secolo, si trova la tomba del vescovo Costanzo Micci; la terza cappella è la seicentesca cappella Nolfi dove si trovano i monumenti funebri degli illustri nobili fanesi, Guido e Cesare Nolfi. Elementi decorativi tra le testimonianze artistiche più preziose del duomo fanese vi sono il pulpito e la cappella Nolfi. L'imponente pulpito è opera frammentaria liberamente composta nel 1941 mettendo insieme varie sculture appartenenti all'antica chiesa, parti di un probabile ciclo dell'Adventus Christi; la monumentale cappella Nolfi è arricchita dalla decorazione plastica di Pietro Solaro, dal ciclo di sedici affreschi con le Storie della Vergine del Domenichino e dalla pala d'altare con l'Assunta e il Paradiso del pittore anconetano Andrea Lilli. Nel presbiterio sono di notevole interesse: a destra la cappella dei Santi vescovi protettori con il dipinto di Ludovico Carracci raffigurante la Regina degli Angeli con i Santi Orso ed Eusebio; la cappella al centro con la tela dell'Assunta di Sebastiano Ceccarini e il coro settecentesco; la cappella del Ss. Sacramento, a sinistra, con la tela d'altare raffigurante Gesù col Ss. Sacramento del pittore fanese Giuseppe Luzi. Altrettanto degni di nota sono: il sarcofago con le ossa di San Fortunato incorporato nel nuovo altare; l'altorilievo con l'Annuncio dei Pastori, riadattato a schienale della cattedra vescovile; la cappella sepolcrale dei vescovi con la lastra scolpita del Citarista del XI-XII secolo. Pulpito il pulpito è dato da un insieme di lastre lapidee scolpite ad altorilievo e liberamente assemblate nel 1941 a formare una struttura quadrangolare, sostenuta da quattro colonne sorrette da altrettanti leoni stilofori. Le lastre sono elementi rilavorati di un'ara romana che sul retro portano scolpite immagini quali il bucranio, un festone, una patera e l'iscrizione "Dis Manibus/ Sacrun Publice". Sul versus le stesse lastre mostrano in sequenza non cronologica i seguenti episodi: Adorazione dei Magi, Sogno di San Giuseppe, Annunciazione, Visitazione, Fuga in Egitto. Verosimilmente le lastre, opere del maestro Rainerio, costituivano, in numero maggiore a quelle pervenuteci, le transenne del presbiterio e mostravano ai fedeli un ciclo di storie sull'Avvento. I leoni stilofori, in marmo rosso di Verona, erano collocati davanti alla facciata della chiesa, probabili basi per le colonnine di un protiro forse mai realizzato. Altare il nuovo altare-sarcofago che nel 1973 ha sostituito quello tardosettecentesco nasce come simbolo del rinnovato desiderio di semplicità e del ritorno alla spiritualità delle origini. Sormontato da una tavola lignea che funge da mensa e posto al centro dell'area presbiteriale su un'ampia pedana in rovere, il sarcofago è un semplice parallepipedo in pietra calcarea con tre superfici levigate e contornate da una sottile cornice, mentre la quarta rivolta verso la navata porta incisi, in minuscoli caratteri romani, il nome del santo vescovo San Fortunato, del quale si custodiscono le reliquie, e l'anno del rinvenimento del corpo del Santo, il 1113.
P. Clemente VIII, 3 - Fano (PU)